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LE FONTANE DEL PARADISO

Idea: 3/5 Trama: 2/5 Stile: 3/5

Titolo Originale: FOUNTAINS OF PARADISE
Autore: Arthur C. Clarke
Anno: 1979
Genere: Hard SF
Edizione: Mondadori – Urania Collezione n.123

 

Commento:
Il romanzo è ambientato in un futuribile XXII secolo. Il personaggio principale è Vannevar Morgan, il più grande ingegnere vivente, realizzatore del gigantesco Ponte sullo stretto di Gibilterra che ha unito le coste africana ed europea. Egli ha ora intenzione di costruire un’opera ancora più grandiosa: un ascensore spaziale in grado di portare i carichi dalla superficie terrestre fino allo spazio esterno all’atmosfera terrestre così da ottenere sia un netto risparmio in termini energetici che una drastica riduzione dell’inquinamento rispetto alla classica propulsione missilistica.
Il filone principale della trama del romanzo è incentrato sui progetti e gli sforzi portati avanti da Morgan per realizzare il suo sogno. Il luogo di costruzione ideale è l’isola di Taprobane, sulla costa sudorientale dello Sri Lanka (opportunatamente traslato un po’ a sud per farvi passare l’equatore…), ma la cima del monte Yakkagala, dove dovrebbero essere innestate le fondamenta della colossale opera, è la sede di un secolare monastero buddista che gli occupanti sono ben restii a cedere. Morgan viene in contatto così con le autorità marziane, molto più perspicaci del governo terrestre nell’intuire le potenzialità dell’idea. Ma sul finire del collaudo del meccanismo in scala ridotta che è stato concesso a Morgan di realizzare sull’isola accade qualcosa di miracoloso che consentirà la costruzione sulla Terra del colossale ponte verso lo spazio...
Su questo asse di narrazione principale si innestano, principalmente nella prima parte del romanzo, due variazioni di tema distinte. La prima narra la storia dell’antico re parricida Kalidas che aveva costruito sul mondo Yakkagala le Fontane del Paradiso, una serie di spettacolari fortificazioni e abbellimenti artistici come proprio luogo di residenza e piacere. La seconda riguarda invece il primo contatto tra l’umanità e la vita extraterrestre realizzato tramite una sonda aliena automatica chiamata Stellaplano. Essa proviene da un sistema solare non molto distante dal nostro e afferma di essere già entrata in contatto con diverse altre civiltà. Frutto principale degli intensi scambi scientifici e filosofici tra l’uomo e il database artificiale di Stellaplano risulta essere il declino delle religioni tradizionali, il cui impianto logico viene demolito dal ragionamento del computer alieno.
I temi del romanzo sono tipici della produzione di Clarke. L’intera opera è permeata da una visione ottimista del futuro dell’uomo, accompagnato lungo la strada del progresso dalla scienza, a scapito di ciò che è ritenuto retaggio della paura e della superstizione. I toni nei confronti della religione sono forti e senza sfumature di equivoco: in poco tempo Stellaplano demolisce tutta la filosofia di Tommaso d’Aquino, bocciata come logicamente inconsistente. La trama è semplice e lineare, in maniera addirittura quasi eccessiva; molto efficaci nell’interrompere la monotonia risultante sono i filoni secondari che ridanno un po’ di varietà all’intreccio. Lo stile è diretto, essenziale; il linguaggio è ricco di quella terminologia scientifica e tecnica che l’autore conosce bene. Com’è altra caratteristica tipica dei romanzi di Clarke, i personaggi risultano nel complesso privi di una vera e propria personalità: Morgan è lo stereotipo dell’uomo di scienza integralmente, quasi religiosamente diremmo, devoto al suo lavoro, ma nulla traspare della sua anima.
Nel complesso, il romanzo può risultare a tratti un po’ noioso per gli amanti di una fantascienza ricca d’azione oppure per chi predilige contenuti più filosofici o speculativi. Per questo lo consigliamo davvero soltanto agli estimatori dell’autore o della più pura Hard Science Fiction.

Trama (attenzione spoiler!):
XXII secolo: l’ingegnere Vannevar Morgan, dopo aver costruito il ponte sullo stretto di Gibilterra, vuole realizzare un ascensore spaziale in grado di portare carichi dalla superficie terrestre fino allo spazio esterno con una netta diminuzione dei costi e dell’inquinamento rispetto alla propulsione missilistica. Il luogo individuato per la costruzione è Yakkagala, sulla cima di una montagna dell’isola di Taprobane, per cui passa l’equatore. In tale luogo ha però sede un antichissimo monastero buddista, i cui occupanti si rifiutano di dare il permesso per la costruzione.
Morgan ricorre alla Corte Mondiale ma viene sconfitto quando i giudici ribadiscono i diritti dei monaci e la proprietà di Yakkagala da parte dal monastero. L’ingegnere accetta così la proposta di un consorzio marziano e si dedica preliminarmente alla costruzione di un modello su scala ridotta per dimostrare la bontà del progetto. Tale modello viene realizzato su Taprobane; l’esperimento non va completamente a buon fine per lo scoppio di un improvviso uragano. La tempesta però ha l’effetto collaterale di causare un’invasione di farfalle verso la cima del monte facendo avverare una millenaria profezia che porta i monaci ad abbandonare il monastero e rinunciare così alla proprietà dello Yakkagala.
I lavori per il progetto di Morgan possono così iniziare sul pianeta Terra. Anni dopo, quando la realizzazione dell’ascensore è quasi terminata, un astrofisico e un gruppo di suoi studenti rimangono intrappolati, a seicento chilometri dal suolo, all’interno di una delle stazioni sparse lungo i chilometri della struttura. A corto di cibo e soprattutto di ossigeno ricevono l’aiuto di Morgan stesso che, nonostante i problemi di cuore, risale la torre a bordo di un “ragno”, una specie di navetta monoposto, portando i soccorsi necessari. Lo sforzo è però fatale all’ingegnere che così muore prima che la sua opera sia terminata.
Molti secoli dopo, il sole si è raffreddato e gran parte dell’umanità vive nei pianeti più interni, terraformati. Diversi ascensori spaziali collegano la superficie della Terra con un gigantesco anello artificiale geostazionario.