MA GLI ANDROIDI SOGNANO PECORE ELETTRICHE?
Idea: 4/5 Trama: 4/5 Stile: 4/5
Titolo Originale: DO ANDROIDS DREAM OF ELECTRIC SHEEP?
Autore: Philip K. Dick
Anno: 1968
Genere: FS Metafisica / Speculativa
Edizione: Fanucci – Collezione Immaginario Dick
Commento:
La vicenda raccontata dal romanzo copre un brevissimo lasso temporale (meno di due giorni) ed è ambientata in una San Francisco di una Terra a stento sopravvissuta ad un olocausto nucleare che ha decimato la vita animale e vegetale e da cui l’uomo sta lentamente fuggendo verso le colonie su Marte. Il protagonista, Rick Deckard, è un cacciatore di androidi, i robot umanoidi prodotti per Marte e vietati sul pianeta madre. Nel corso della vicenda Deckard entra in una crisi morale dettata dalla sua incapacità di continuare distinguere gli androidi, sempre più fedeli agli “originali”, dagli uomini, de-umanizzati attraverso l’uso di macchinari come il “modulatore di umori Penfield. Incentrato sui consueti temi cari all’autore (la natura del reale, l’illusoria percezione di se…) il romanzo possiede, a differenza di altre opere dickiane, una trama lineare che, pur mantenendo una giusta complessità di contenuti e significati, ne consente una lettura agevole e appassionante. Consigliato.
Trama (attenzione spoiler!):
Siamo nel 1992, la vita animale e vegetale sulla Terra è stata quasi totalmente distrutta nel corso dell’ultimo conflitto mondiale. La maggior parte dell’umanità si è trasferita sulle colonie marziane; i pochi rimasti sulla Terra sono costantemente esposti alla polvere radioattiva, col rischio di diventare “speciali”, “cervelli da gallina”, ovvero minorati mentali, in seguito alle mutazioni genetiche causate dal contatto con materiale radioattivo. Possedere e accudire un vero animale è considerato un dovere morale oltreché uno status-symbol dato che i pochi esemplari rimasti vengono comprati a peso d’oro; per chi non può permettersi l’acquisto di un animale vivo esistono robot replicanti di ogni specie conosciuta. Riscuote larghissimo successo il mercerianesimo, una misteriosa pratica mistica durante la quale, tramite il contatto con un dispositivo chiamato scatola empatica, ogni essere umano entra in comunione con tutti gli altri individui che stanno attuando la pratica e si incarna in Wilbur Mercer, una sorta di Gesù Cristo impegnato in una scalata sugli irti pendii di un monte e colpito dalle pietre degli “Assassini”. Altro rimedio molto diffuso contro la malinconia di una Terra morente è il modulatore di umori Penfield che permette di decidere quali sentimenti e stati d’animo provare. Replicanti umani, gli androidi, vengono prodotti per i coloni marziani ma la loro circolazione sulla Terra è impedita dalla legge. Anche più intelligenti degli esseri umani originali, gli androidi sono però riconoscibili, mediante appositi test, per la loro mancanza di empatia verso le altre forme viventi e i loro stessi simili.
Il protagonista del romanzo è Rick Deckard, un cacciatore di androidi di San Francisco. Motivato dalle ristrettezze economiche che gli impediscono di realizzare il suo sogno di possedere un vero animale (inizialmente possiede soltanto una pecora elettrica, artificiale) è allettato dalle taglie per il “ritiro” di sei androidi di ultima generazione, Nexus 6. Accettato l’incarico, conosce il primo androide, una giovane ragazza di nome Rachael Rosen, apparentemente inizialmente inconsapevole di esserlo ma che in seguito si rivela essere stata in continuo contatto con gli altri, presso la sede della ditta produttrice dove verifica la validità del test sull’empatia sugli androidi del nuovo modello. Dopo aver eliminato un primo gruppo di androidi, Deckard inizia a interrogarsi sulla moralità del proprio compito, iniziando a provare sentimenti di empatia nei loro confronti, soprattutto per il ricordo di Rachael, mentre, allo stesso tempo, arrivando a dubitare di un collega umano la cui freddezza comportamentale lo aveva convinto essere artificiale. Prima di affrontare gli ultimi tre esemplari, che intanto si sono rifugiati in un condominio disabitato della periferia presso l’appartamento di uno “speciale”, J.R. Isidore, tra cui vi è il leader dell’intero gruppo, Roy Baty, Deckard incontra Rachael con cui ha un rapporto amoroso. Al suo termine, la ragazza confida a Deckard la falsità dei suoi sentimenti, mirati soltanto a impedirgli di poter uccidere altri androidi, come già fatto con altri cacciatori di taglie. Deckard però non demorde e, con un aiuto misterioso di Mercer, termina la propria missione ritirando i tre androidi mancanti. Rachael uccide la capra che Deckard riesce a comprarsi con i soldi delle prime taglie; il libro si chiude con la moglie che ordina insetti elettrici per “cibare” un rospo artificiale che suo marito ha trovato in pieno deserto.
Citazione:
[J.R. Isidore in comunione con Mercer…]
Era passato da una realtà all’altra nel solito modo incomprensibile; la fusione fisica – accompagnata dall’identificazione mentale e spirituale – con Wilbur Mercer aveva avuto di nuovo luogo. Ed era accaduto lo stesso a chiunque stava stringendo in quel momento le maniglie, sia qui sulla Terra che su uno dei pianeti colonizzati. Li sentiva in sé, gli altri, ne incorporava il fitto e confuso brusio dei pensieri, sentiva nel proprio cervello il rumore delle loro innumerevoli esistenze individuali.
[L’androide Rachael parla con Deckard…]
“…Noi non nasciamo mica; non cresciamo; invece di morire di malattia o di vecchiaia, ci consumiamo come formiche. Sempre le formiche: ecco cosa siamo. Cioè, non te. Voglio dire, io: macchine chitinose dotate di riflessi che non sono veramente vive.”
[Mercer parla a Deckard…]
“Dovunque tu vada, ti sarà richiesto di fare cose che ritieni sbagliate. È una condizione costante della vita quella di essere costretti a violare la propria identità. Una volta o l'altra, ogni creatura vivente si trova costretta ad agire così. È l'ultima ombra, la disfatta della creazione. Questa è una maledizione che alimenta tutta la vita. Dappertutto nell'universo.”