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IL SALARIO PURPUREO

Idea: 3/5 Trama: 2/5 Stile: 1/5

 

Titolo Originale: RIDERS OF THE PURPLE WAGE
Autore: Philip J. Farmer
Anno: 1967
Genere: FS Sociologica
Edizione: Antologia I Premi Hugo 1955-1975

 

 

Commento:
Il romanzo breve è ambientato nell'America di un futuro imprecisato. La società e il l'intero modello economico sono radicalmente mutati. La maggior parte dei cittadini vive grazie ad un sussidio statale, il salario purpureo, in piccole comunità che spesso non abbandona mai nel corso dell'intera vita. I contatti con l'esterno sono tenuti grazie al fido, una specie di televisione avanzata, che riprende ogni tipo di evento. Le relazioni sessuali sono libere da ogni forma di tabù o limitazione etica, la bisessualità è la prassi, mentre nuove dottrine pseuoreligiose promuovono anche l'incesto.
Il governo sembra agire su scala mondiale; per favorire l'integrazione, pare, esiste una emigrazione pianificata da uno stato all'altro, che garantisce vantaggi economici agli aderenti. Dato il salario purpureo, la moneta ha perso gran parte del suo uso reale e costituisce più un'affermazione di status sociale.
Il protagonista è Chib, un artista, una specie di pittore che ha inaugurato un nuovo metodo di rappresentazione tridimensionale. Per poter continuare la sua attività, deve vincere una specie di concorso ed ottenere una borsa, un sovvenzionamento statale; altrimenti sarà costretto ad emigrare in Egitto. La sua vicenda si fonde con un complicato contesto famigliare.
Lo scenario tratteggiato nell'opera può offrire spunti interessanti ed originali, ma lo sviluppo è contorto e rende il romanzo a tratti quasi illeggibile. Continui cambiamenti di scena e di punti di vista, dialoghi surreali, battute estemporanee disorientano continuamente il lettore. Anche il contesto sociologico viene chiarito soltanto in pochi paragrafi, che emergono dal caos generale come scogli nel mezzo di un mare tempestoso. Un'idea di intreccio e di trama emergono, fortunatamente, gradualmente mano a mano che ci si avvicina la conclusione dell'opera, arrivando ad un degno finale. Questo non è sufficiente per esprimere, però, a nostro avviso, un giudizio positivo.